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Tracce. La Biblioteca con Duras

Il catalogo e le schede

Le schede - per la maggior parte già pubblicate nei volumi Duras mon amour 2 (Lindau, 2001)e Duras mon amour 3 (Lindau, 2003) - sono state redatte da (PB) Paola Bava, (CB) Chiara Bertola, (AB) Annalisa Bertoni, (MRG) Maria Rosaria Gioffrè, (EM) Edda Melon, (AM) Angelo Morino, (GM) Giuseppe Morrone, (EP) Ermanno Pea, (RP) Rosa Postorino, (RR) Renzo Riccò


1. Libri 4. Dischi
2. Film 5. Radio
3. Danza 6. Arti

1. Libri

Airault, Régis, Fous de l'Inde

Andréa, Yann, Cet amour-là

Angot, Christine, Quitter la ville

Angot, Christine, Sujet Angot

Aulagnier- Spairani, Piera, Remarques sur la feminité et ses avatars

Bayard, Pierre, Comment améliorer les œuvres ratées?

Benacquista, Tonino, La maldonne des sleepings (L'uomo che dormiva troppo)

Blanchot, Maurice, Détruire

Blanchot, Maurice, La communauté inavouable

Blanchot, Maurice, La voix narrative (la troisième personne, le livre)

Bobes, Marilyn, Revi( c )itaciones y homenajes

Camus, Renaud, Passages

Ceton, Jean Pierre, La fiction d'Emmedée

Copi, La guerre des pédés

Conroy, Pat, The Prince of Tides

Cortázar, Julio, Axolotl

Cravetto, Maria Letizia, Navrate

Cravetto, Maria Letizia, Viola, violaciocca, tempo d'avvento

de Certeau, Michel, La fable mystique, 1. XVIe-XVIIe siècle

Elbaz, Judith, Colourful

Jean, Raymond, La lectrice

Kristeva, Julia, Possessions (Una donna decapitata)

Kristof, Agota, Hier

Lonsdale, Michael, Visites

Manceaux, Michèle, L'amie

Mascolo, Dionys, Fragment d'utopie

Morino, Angelo, In viaggio con Junior

Nobécourt, Lorette, Horsita

Pavlovsky, Eduardo, La muerte de Marguerite Duras

Puig, Manuel, Estertores de una década, Nueva York '78

Rasy, Elisabetta, L'altra amante

Vila-Matas, Enrique, Bartleby y Compañía

Vila-Matas, Enrique, Una casa para siempre

Vinci, Simona, Come prima delle madri

Vinci, Simona, Dei bambini non si sa niente

Vittorini, Demetrio, Un padre e un figlio. Biografia famigliare di Elio Vittorini

2. Film

Carax, Leos, Pola X

Dayan, Josée, Cet amour-là

Deville, Michel, La lectrice

Grossi, Stefano, Savannakhet

Lvoff, John, La salle de bain

Montero, Roberto, La Pica sul Pacifico

Puccioni, Marco, The blue fiction

Suwa, Nobuhiro, H Story

Waters, John, Polyester

3. Danza

Bader, Muriel, Les Colonnades

Bader, Muriel, La folie du monde triomphe

4. Dischi

AA. VV., Hommage à Duras

Badalamenti, Angelo, Cet amour-là

Charme de Caroline, Arc e Quand les lilas

D'Alessio, Carlos - Duras, Marguerite, "India Song" et autres musiques de films

Delerue, Georges, Jules et Jim - Le mépris - Hiroshima mon amour. Musique de film

Deluigi, Silvana, India Song

Duras, Marguerite - D'Alessio, Carlos, Un vague extrêmement précis

Duras, Marguerite - Moreau, Jeanne, Rumba des Iles

Hanrahan, Kip, India Song

Hardy, Françoise, Le danger

Head, Murray, India Song

Isa, Histoire

Malia, India Song

Maupassant, (dys) FONCTIONELLE

Montalvo, Mariana, India Song

Moreau, Jeanne, India Song

Oliva, Stéphan, India Song

Ultravox!, Hiroshima mon amour

Zorn, John, Duras:Duchamp

5. Radio

Le navire "night", trasmissione di Radio-Canada

Les rizières Duras, France Culture

6. Arti

Ahtila, Eija-Lisa, If 6 was 9

Bonvicini, Monica, Destroy She Said

Bourgeois, Louise, Untitled (Hommage à Duras)

Copi, La femme assise

De Geetere, Patrick, Premier sang

Sarfati, Lise

AIRAULT, Régis

Fous de l'Inde. Délires d'Occidentaux et sentiment océanique, Payot, 2000

Régis Airault, psichiatra che per alcuni anni ha esercitato presso il consolato di Francia a Bombay, nel suo saggio Fous de l'Inde, cita brevemente Le vice-consul di Marguerite Duras come un esempio dei problemi psicologici incontrati dagli occidentali residenti in India. In effetti, nei casi clinici presi in considerazione da Airault, ritroviamo tutte le fobie della comunità bianca del Vice-consul: dalla paura della malattia e del contagio a quella della morte. Riconosciamo inoltre lo stato di "spersonalizzazione" di Lol V. Stein, il "sentimento oceanico", il desiderio di fusione con Mother India della suicida Anne-Marie Stretter, la depressione, il delirio e la follia omicida del viceconsole. Lo "choc dell'India" può portare alla follia? Airault analizza l'impatto destabilizzante che gli occidentali ricevono da questo paese dove miseria, fame e lebbra assumono dimensioni drammatiche, dove vita, morte e malattia convivono senza contraddizioni. Duras stessa ha sicuramente subito lo choc dell'India, si pensi, per esempio, al ritorno ossessivo nella sua opera della mendicante di Calcutta, traccia di una ferita mai rimarginata. Dunque, dopo l'analisi clinica fatta da Lacan del personaggio di Lol V. Stein, grazie al testo di Airault, non solo scopriamo che anche Anne-Marie Stretter e il viceconsole sono dei casi clinici, ma soprattutto possiamo domandarci se la vera folle dell'India non sia proprio lei, Duras. (PB)

ANDRÉA, Yann

Cet amour-là, Pauvert, 1999

Questo amore, trad. di Franco Crespi, Archinto, 2001

Dopo anni di silenzio raramente interrotto, Yann Andréa decide di raccontare al mondo la sua versione di "cet amour-là", la storia che ha vissuto con Duras. L'inizio è noto: nell'estate '80 il giovane uomo va a Trouville per incontrare la scrittrice all'Hôtel des Roches Noires. Da tempo le scrive innumerevoli lettere, anche più volte al giorno, da quando casualmente ha letto Les petits chevaux de Tarquinia. Tra lui e le parole di Duras nasce immediatamente "una sorta di coincidenza miracolosa": "Ho abbandonato tutti gli altri libri per non leggere che i suoi. L'autrice di cui ignoro tutto, che non conosco. Nessuno mi ha parlato di quel nome. E, da allora, non l'ho più abbandonata. [...] Leggevo, rileggevo, ricopiavo frasi intere su fogli, volevo essere quel nome, ricopiare quel che era scritto da lei, confondermi, essere una mano che copia le sue parole". Dall'estate '80 Yann diventa quella "mano" e i due non si abbandonano più, rinchiusi in una passione scandalosa (lei ha 66 anni, lui ne ha 27 ed è omosessuale) che appare ad entrambi come una "vicinanza intollerabile e necessaria": "Lei non comprende perché insisto, perché resto, là, con lei, solo con lei, e lei sola con me. Qualche volta la cosa è insopportabile, vuole rompere tutto, distruggere tutto, distruggermi, picchiarmi, insultarmi, mettermi a morte, uccidermi. Lei dice: ho voglia di uccidere." (Altrove si legge: "E io che vi prendo a pugni e voi dite, Yann, vi supplico, non uccidetemi, ho dei lividi dappertutto, adesso chiamo la polizia, non voglio morire.") Di quella passione, di quei sedici anni passati insieme Yann Andréa vuole raccontare tutto: le reciproche premure e tenerezze, le risate e i pianti, i litigi violenti, l'alcolismo, le complicità, le passeggiate notturne, la scrittura, il sesso ("venite, non siate timido, venite con me, ho un corpo, voglio mostrarvelo, venite, accarezzate il mio corpo. Io lo faccio, faccio tutto quello che mi dite di fare"). Nel libro non mancano neppure alcuni ritratti impietosi della donna amata come quando la descrive in un bar di Trouville: "Lei arriva. È truccata. Uno spesso strato di fondotinta, un rossetto rosso vivo, molto forte. Una puttana. Sorride. Ha cento anni. Ha mille anni. Ha anche quindici anni e mezzo e sta per attraversare il fiume, e la bellissima automobile del Cinese la porterà attraverso le risaie fino al liceo Chasseloup-Laubat di Saïgon". Dopo la morte di Duras, avvenuta il 3 marzo 1996, Yann è disperato: "Non esco più. Ho paura. Non voglio più vivere. Non so come fare per uccidermi .[...] Da settimane non mi lavo più, né il corpo, né i denti, né i capelli, non mi rado". Questo stato di abbrutimento autodistruttivo si protrae fino al giorno in cui decide di chiamare sua madre, che viene a prendersi cura di lui. Nel gennaio del '99 comincia a scrivere, ogni mattina, una lunga lettera à cette femme-là, M.D., "come se fosse possibile" farlo. Sono proprio queste lunghe lettere a comporre il libro Cet amour-là, il cui titolo è tratto dalle parole che Duras ha destinato alla versione cantata di India Song (cfr. la scheda D'Alessio/Duras, India Song). Tre anni dopo la morte lei è sempre lì, accanto al suo Homme atlantique, al suo Yann Andréa Steiner che scrive: "No. Non posso dimenticare il vostro viso. Quello sguardo che guarda qualcosa che non vede. Che non si vede. Che talvolta può essere scritto [...] E allora sì, è possibile leggere ancora e ancora tutti quei titoli e tutte le parole contenute in quei titoli, in quel nome di Duras, quel nome che non svanisce. Quel nome amato, [...] quelle cinque lettere impresse su tutti quei libri e sulla pietra bianca del cimitero di Mont-Parnasse, boulevard Edgar-Quinet, a Parigi" (p.190). (EP)

ANGOT, Christine

Quitter la ville, Stock, 2000

Bisogna abituarsi probabilmente all'idea che Christine Angot, che alcuni vedono come una specie di Duras dei nostri giorni, continui a disseminare nelle sue "autofinzioni" riferimenti di vario genere alla scrittrice. In questo libro, per esempio, tutto immerso nel mondo letterario parigino, riporta piuttosto liberamente vari punti di vista della critica sul suo conto: "Oggetto di passioni e di controversie, colpo mediatico oppure rivelazione di un autore raro, si parla di una nuova Duras, promettendole l'ingresso nel Lagarde e Michard [manuale letterario per le scuole]". Oppure: "...eccessiva, aggressiva, tumultuosa e piziesca, ha preso lezioni di enfasi e di terrorismo alla scuola di Marguerite Duras". Confrontandosi a un'altra romanziera scrive: "Lei è talmente Sarraute e io Duras tendenza Villemin". I lettori, tutti "mi chiamano Christine, naturalmente. La piccola Marguerite, la nuova Marguerite, ma in piccolo, che ha preso lezioni alla scuola dell'altra, quella dai maglioni a collo alto, una materia autobiografica, e perentoria anche". Ma anche, un tantino irriverente: "Mi sembra di morire. Che morirò alla fine di novembre. E dovrei tacere mentre ho la possibilità di vederlo in diretta, non sono costretta ad aspettare che Yann Andréa descriva la mia morte fra quarant'anni". (EM)

ANGOT, Christine

Sujet Angot, Fayard, 1998

"Eppure lui ha tutto quello che cerchi, e presto trovato in verità. Durassiano, anche fisicamente: gli occhi, la voce, il gesto nei capelli…." (p.107). L'aggettivo durassien qui è impiegato, in maniera inaspettata, non per connotare un oggetto letterario nell'opera della scrittrice, ma un tipo, o meglio uno stereotipo, fisico. Può riguardare tanto la corporeità e la gestualità di Marguerite Duras quanto quella di qualche suo personaggio. Angot fa brevi riferimenti a Duras anche in altre opere. (EM)

AULAGNIER-SPAIRANI, Piera

Remarques sur la feminité et ses avatars

in AA.VV., Le désir et la perversion, Seuil, 1967

"Quello che la donna omosessuale venera nella sua partner, quello che lei si duole di non avere, non è il pene ma la femminilità; è questo che le fa invidia; è qui l'oggetto del suo rapimento, nel doppio senso del termine: ciò che rapisce e ciò che si vorrebbe rapire" (p.70). L'osservazione della psicanalista può illuminare sulla fascinazione esercitata su Lol dall' "altra donna", Anne-Marie Stretter, Tatiana Karl, anche se l'omosessualità ne pare esclusa. Oppure, inversamente, su come il caso di Lol, che già aveva entusiasmato Lacan, abbia fornito alla psicoanalisi ulteriori suggestioni. (EM)

BAYARD, Pierre

Comment améliorer les œuvres ratées?, Minuit, 2000

Fingendo di svolgere il suo programma paradossale di migliorare le opere venute male, il brillante critico riesce a far passare una quantità di osservazioni interessanti sul canone letterario, sulla ricezione e sui criteri di leggibilità nelle varie epoche. I testi esaminati, tutti della letteratura francese, sono tredici, dal XVI al XX secolo. Marguerite Duras, chiamata in causa per L'amour, si trova in compagnia di Proust (Jean Santeuil), Char (Moulin premier), Giono (Le bonheur fou). Il saggio è diviso in tre parti, che corrispondono ai tre momenti delle reazioni di lettura di fronte a queste opere ratées, venute male. 1. Costernazione: l'intreccio de L'amour, secondo Bayard, non è complesso ma ermetico, indecifrabile, scoraggiante. I personaggi, misteriosi, come abbandonati dal loro creatore, sembrano partecipare ad un intreccio che non viene comunicato, generando nel lettore una certa depressione. 2. Riflessione: guardando alla biografia degli scrittori, non ci sono chiavi psicoanalitiche per spiegare con i traumi dell'infanzia una catastrofe artistica sopraggiunta improvvisamente a creatori già affermati, mentre potrebbe essere interessante legarla ad un incidente preciso oppure all'evoluzione di un percorso, a un cambiamento di rotta. In qualche modo, uno scrittore sbaglia un'opera perché non è riuscito a regolare con precisione la distanza con il suo mondo interiore, con l'oggetto del proprio fantasma, o per eccesso o per difetto. Il lettore, che apre con l'opera un dialogo "interfantasmatico", non può allora che sperimentare in qualche modo il proprio fallimento... 3. Miglioramento: benché sbagliate, le opere possono essere migliorate, per esempio, nel caso di Duras, aggiungendo dei chiarimenti. Se L'amour è un po' una continuazione del Ravissement, si potrebbe inserire il nome di Lol nel titolo o in nota, o accennarvi nei dialoghi. Ma soprattutto bisognerebbe dare corpo a quel fantasma fondamentale che Duras ha occultato (una coppia è guardata da una terza persona) e che ha fatto il successo del Ravissement. Inoltre, sostiene l'autore, fingendo (almeno credo) di perseverare con serietà nel suo assurdo programma, si potrebbero travasare elementi di quell'eccesso o di quel difetto di distanza da un'opera all'altra. Quindi una scena dell'Amour viene riscritta alla maniera di Maupassant, pescando nella sua opera fallita, Fort comme la mort...!!! C'è ancora un'operazione che bisogna avere il coraggio di fare, conclude Bayard, e cioè peggiorare le opere sbagliate, spingerle oltre la soglia di degradazione, e ne dà alcuni esempi. Per quanto riguarda Duras, il critico si limita a riscrivere la pagina già presa come campione all'inizio (un po' più lunga o un po' più breve, qui è lui che perde il filo), con il seguente commento: "La degradazione non è irrilevante, e questo è sbalorditivo perché si tratta in realtà dello stesso testo di prima. Ma è vero che la scrittura di Duras è pratica da utilizzare a fini di autodistruzione e che non è necessario lavorarci su, basta citare un po' più lungamente ed essa arriva, per semplice ripetizione, a distruggersi da sola". Ho inserito qui questo strano libro (e non invece nelle segnalazioni bibliografiche dei saggi critici su Duras, nella sezione La nostra biblioteca) per privilegiare il suo aspetto di "riscrittura" e quindi di intertestualità. (EM)

BENACQUISTA, Tonino

La maldonne des sleepings, Gallimard, 1989

L'uomo che dormiva troppo, trad. di Maurizia Balmelli, Einaudi, 2001

L'autore, di origine italiana, quarantenne, era allora al suo primo romanzo, un giallo ambientato sul treno di notte Parigi-Venezia, scritto dal punto di vista del protagonista, di mestiere cuccettista. Durante il viaggio, movimentato da avventure travolgenti, un passeggero gli dice: "Mi parli ancora di quelle notti intere sui treni", e lui non manca di cogliere l'eco di un titolo conosciuto (evidentemente Des journées entières dans les arbres). E si chiede: "Sono in un incubo o è proprio una citazione di Duras? Non so più che cosa fare o dire...". Cuccettista durassiano! In quel punto, la traduzione italiana commette uno strano errore, e scrive: "Mi parli ancora di quelle notti intere tra i nomadi". (?) Traduttrice distratta e non durassiana. (EM)

BLANCHOT, Maurice

Détruire in L'amitié, Gallimard, 1971

La communauté inavouable, Minuit, 1983

La comunità inconfessabile, trad. di Mario Antomelli, Feltrinelli, 1984

Sia il primo scritto, ispirato a Détruire dit-elle, sia il secondo, una lettura de La maladie de la mort, potrebbero essere considerati interventi critici, recensioni, commenti, e lasciati quindi in bibliografia, accanto ad altre centinaia di titoli di libri e articoli su Duras. Credo invece che si tratti di altri due tasselli di quella ricerca sui rapporti fra i due autori che resta ancora da fare, e per questo è il caso di rimetterli in evidenza. È sempre straordinario nei testi di Blanchot, anche quando partono da un'opera altrui, il suo coinvolgimento, il suo mettersi in dialogo, in risposta, in responsabilità. L'operazione della lecture/écriture, così come Blanchot la pratica e l'insegna, è anche una forma di quell'avvicinamento impossibile a una comunità di pensiero (comunismo di pensiero, diceva Dionys Mascolo) che caratterizza la ricerca di Marguerite Duras e del gruppo della rue Saint-Benoît. "Distruggere", lei disse, nel 1969, e questo riguardò tutti. Scrive Blanchot: "Il pericolo è immenso, la pena sarà immensa. Di questa parola che distrugge e si distrugge, che cosa ne sarà? Non lo sappiamo. Sappiamo solo che spetta a ciascuno di noi portarla, con accanto ormai la giovane compagna innocente, quella che dà e che riceve la morte come eternamente". (EM)

BLANCHOT, Maurice

La voix narrative (la troisième personne, le livre)

in L' entretien infini, Gallimard, 1969

L'infinito intrattenimento, trad. di Roberta Ferrara, Einaudi, 1977

"…la terza persona non è il conglobante di Jaspers, è piuttosto come un vuoto nell'opera - quella parola-assenza evocata da Marguerite Duras in uno dei suoi racconti, "una parola-buco, scavata nel centro da un buco, quel buco dove tutte le altre parole avrebbero dovuto essere sotterrate. […] Non si sarebbe potuto dirla, ma si sarebbe potuto farla risuonare - immensa, senza fine, un gong vuoto". È la voce narrativa, una voce neutra che dice l'opera partendo da quel luogo senza luogo dove l'opera tace" (p. 565). Su Le ravissement de Lol V. Stein, il récit che è qui citato, l'autore ritorna in una lunga e bella nota a fondo pagina. Due osservazioni. Primo, non si tratta di una recensione letteraria, ma del cuore della teoria di Blanchot su "l'assenza di libro", quindi sottolinea l'influenza esercitata da Duras su di lui. Secondo, si tratta naturalmente di un'influenza incrociata (cfr., in La biblioteca immaginaria di Marguerite Duras, la scheda: Blanchot, Le dernier mot). (EM)

 

BOBES, Marilyn

Revi(c)itaciones y homenajes, Edicione Unión, La Habana 1998

Giovane poeta cubana, Marilyn Bobes ha inserito in questa raccolta di suoi testi una composizione intitolata Citas. Analogías (Apropriaciones literales de Marguerite Duras), lunga tre pagine. Fra un verso e l'altro, compaiono pezzi in corsivo che sono prelievi da Emily L., tradotti in spagnolo. Un esempio: "Quería decirle lo que creo, que había que conservar siempre un lugar, una especie de lugar, una especie de lugar personal, eso es, para estar solo y para amar. Para amar no se sabe qué ni a quién ni cómo ni cuánto tiempo". Compare anche un verso in lingua originale della poesia di Emily Dickinson già citato da Duras nel suo romanzo: "But internal difference where the Meanings are". (AM)

CAMUS, Renaud

Passages, Flammarion, 1975

Il libro, che purtroppo non ho potuto consultare, è una sorta di collage di testi di numerosi autori, in varie lingue, e di frammenti di illustrazioni. Christiane Blot-Labarrère, nel suo libro Marguerite Duras del 1992, scrive che Renaud Camus, autore prolifico e noto in Francia, vi ha riversato interi passaggi del Vice-consul, con il permesso, naturalmente, dell'autrice. Duras, ricordiamo, ne parlava a Xavière Gauthier in Les parleuses, già nel 1974, : "Ma vedi ho… conosco una persona che ha voluto conoscermi a causa del Vice-consul, e che fa un libro, fa un romanzo, e mi ha domandato di inserire in questo romanzo dei passaggi del Vice-consul, lunghi, qualche volta dei capitoli, senza indicazione dell'origine. […] Il libro è diventato come una persona, fa parte del campo dell'immaginario di quel giovanotto che scrive quel romanzo. […] Bisogna scollegarlo dalla sua… dal suo handicap di essere uno scritto, tirarlo fuori da quell'involucro dello scritto, quell'involucro sacralizzato". Secondo James S. Williams, autore dell'articolo All Her Sons: Marguerite Duras, Antiliterature and the Outside ("Yale French Studies", 90, 1996), tutti i frammenti citati, ed in particolare quelli di Le vice-consul, "are repeated, reversed, or ruptured", con il proposito di svelare allusioni all'omosessualità dei personaggi maschili. Pare anche che in un'opera successiva, Chroniques achriennes (P.O.L., 1984), il pezzo Grandes laudes à Marguerite Duras non sia più molto amichevole nei confronti della Nostra... (EM)

CETON, Jean Pierre

La fiction d'Emmedée, éd. du Rocher, 1997

Il nome di Jean Pierre Ceton ci era familiare per via del testo bellissimo che Duras gli ha dedicato in Les yeux verts. Nel '97, un anno dopo la morte di Marguerite, Ceton ha pubblicato il racconto della "sua" amicizia con lei, e, chiamandola Emmedée, non ha fatto altro che riprendere quel monogramma, M. D., già noto ai lettori, soprattutto dal libro di Yann Andréa. Scrive: "Un giorno, stranamente, vi è venuta l'idea, e si è imposta a poco a poco, che Emmedée era, con molta evidenza, il più grande personaggio di finzione che io avessi mai incontrato. Cioè era talmente capace di sviluppare finzione che bastava metterla in pista, lei, perché qualcosa di romanzesco si manifestasse". La storia d'amore di Ceton con tale Livia si intreccia alla storia dell'amicizia con Duras. Naturalmente ne emergono dei particolari inediti sullo stile di vita e sui discorsi della Nostra. (EM)

COPI

La guerre des pédés, Albin Michel, 1982

È il romanzo più delirante e barocco di Copi, al cui centro si colloca il personaggio di Conceïçao do Mundo - Concezione del Mondo -, bellissimo ermafrodito avvolto in un mantello di piume di pavone. Durante un episodio di guerriglia parigina esplosa fra loschi travestiti brasiliani e forze dell'ordine, una manifestazione di protesta organizzata da militanti omosessuali e simpatizzanti finisce in una carneficina. Fra i cadaveri più famosi, quelli di Michel Foucault e di Marguerite Duras. La quale "se ne stava in posizione fetale dentro la mia grande pattumiera, dove si era probabilmente nascosta al momento della sparatoria". (AM)

CONROY, Pat

The Prince of Tides, Houghton Mifflin, Boston 1986

Il principe delle maree, trad. di Pier Francesco Paolini, Bompiani, 1987

Il narratore, Tom Wingo, ha vissuto l'infanzia sull'isola di Melrose, una delle sessanta isole marine che costituiscono la contea di Colleton, nel South Carolina, tra gli anni '40 e '50. C'è anche un altro fratello e una sorella gemella, Savannah, che, divenuta scrittrice famosa, amerà raccontare ai giornalisti: "Quand'ero bambina, i miei fratelli e io camminavamo sui dorsi di balene e delfini". La narrazione prende il via a partire dal secondo tentativo di suicidio di Savannah: "Andai a trovare Savannah in una clinica psichiatrica di New York [...] "Com'era la tua vita in famiglia, Savannah?" le chiesi, facendo conto che fosse un'intervista. "Una Hiroshima", ella sussurrò. [...] "Il titolo, Savannah, del poema che scrivesti in onore della tua famiglia." "La storia di Auschwitz." E ridemmo entrambi. [...] "Chi ami più di ogni altra persona a questo mondo?" [...] Amo mio fratello, Tom Wingo, il mio gemello..."". Tutto questo è nel Prologo. Ci sarà poi una storia d'amore fra Tom e la psicoanalista di Savannah, la dottoressa Lowenstein. Si può vedere anche il film omonimo, con la regia di Barbra Streisand, che interpreta la psicoanalista, mentre Nick Nolte è Tom, Blythe Danner è Savannah. (EM)

CORTÁZAR, Julio

Axolotl [1952], in Final del juego, Sudamericana, Buenos Aires 1964

in I racconti, a cura di Ernesto Franco, Einaudi-Gallimard, 1994

Nel racconto di Cortázar, un uomo narra alla prima persona di essere un giorno andato a visitare l'acquario del Jardin des Plantes di Parigi, e di avervi visto certe strane creature chiamate axolotl. Descritti come "forme larvali, provviste di branchie, di una specie di batraci del genere amblistoma", gli axolotl - con i loro movimenti rallentati e con le loro espressioni da maschera azteca - affascinano il narratore. Questi si ritrova a far ritorno con insistenza all'acquario, sempre più attratto da quegli strani pesci messicani, al punto da indugiare per ore e ore lì davanti, in contemplazione. Il racconto termina con una metamorfosi: il protagonista si è trasformato in un axolotl, anche se - forse - sin da prima era già un axolotl. Madeleine Borgomano ha individuato una similitudine formale tra Le boa di Margherite Duras e il racconto di Cortázar, raffrontandoli dal punto di vista della loro enunciazione alla prima persona e, quindi, del personaggio-narratore (Le personnage-narrateur: énoncé et énonciation. Étude menée à partir de deux nouvelles: Le Boa de Margherite Duras et Axolotl de Julio Cortázar, in Ghyselinck-Gardies-Kodjo-Borgomano, Variations sur le personnage, 1985). Per altro verso, il "motivo" della visita allo zoo e della fascinazione esercitata dagli animali, presente in numerosi testi moderni (cito, di Rilke, la lirica La pantera, o ancora, per associazione di idee, il film Il bacio della pantera di Tourneur), si rintraccia spesso in autori accomunati da un certo esilio. Rilke, il poeta praghese espatriato, scrive La pantera al Jardin des Plantes di Parigi nel 1903, l'anno dopo il suo arrivo in Francia. La protagonista femminile del Bacio della pantera (1942) è serba, straniera a Manhattan; l'autrice - e narratrice - del Boa è esiliata come può esserlo una figlia di coloni francesi in Indocina, nel 1928 (tempo della storia narrata), e, al momento in cui scrive (la prima pubblicazione è nel 1947, su "Les Temps modernes"), "rimpatriata"; l'autore - e narratore - di Axolotl, esule dall'Argentina, ha appena iniziato a Parigi nel 1951 una permanenza destinata a durare tutta la vita. Aggiungiamo che anche ne Le boa la voce narrante opera una certa identificazione tra sé e l'animale: "Come non avrei potuto non attribuire al boa quella mia tendenza a cogliere il lato fatale del carattere, dal momento che il boa ne era, ai miei occhi, l'immagine perfetta?". (AM)

CRAVETTO, Maria Letizia

Navrate (Storia di una donna calva e di un'altra che umilmente si cerca), Giardini, 1986

L'autrice, italiana, vive e lavora in Francia, dove dirige un programma al Collège International de Philosophie di Parigi. Scrive e pubblica in italiano e in francese. Della sua opera poetica, segnalo Il lotto dell'uomo. Le lot de l'homme (In forma di parole, 1997). Tra le prose, Tutti sanno (edizioni delle donne, 1977), Francesco e il mangiatore di fuoco (Giuseppe Laterza, 1997). Fidélité à l'après, saggio (Kimé, 2000). Navrate è un romanzo che contiene anche brani di un diario, di poesie, e di molteplici altre scritture, come pure una molteplicità di personaggi. "Udii l'eco del riso. Pensai riso e ci furono migliaia di chicchi di riso, una risaia. La mendicante che, scacciata dalla madre, avanza verso Calcutta per cercare il mare e l'abbondanza di cibo. Mentre vorrebbe tornare: la madre le dava il riso". (EM)

CRAVETTO, Maria Letizia

Viola, violaciocca, tempo d'avvento, Genesi, 1982

Nell'oratorio intitolato Krystina, per solista e coro, una delle musiche di scena è il canto della mendicante di India Song. "Quando la mendicante dice "savanaket", luminosissima sullo sfondo è proiettata l'immagine di Marylin Monroe di André de Dienes…". (EM)

de CERTEAU, Michel

La fable mystique, 1. XVIe-XVIIe siècle, Gallimard, 1982

Fabula mistica: la spiritualità religiosa tra il 16. e il 17. secolo, trad. di Rosanna Albertini, Il Mulino, 1987

Il titolo della prima parte del volume, Un lieu pour se perdre, forse non ha niente a che fare con Duras, ma fatto sta che il primo capitolo inizia così: "La mendicante resta invisibile in India Song. Senza nome e senza volto. Solo la sua ombra attraversa l'immagine mentre va e viene, lontano dalle altre voci, il suo canto di Savannakhet, innocente, interminabile. È la passante attraverso i testi di Marguerite Duras. Non parla. Fa parlare." Perché: "La rapita seduce. Spaventa anche". Si fa un legame, così, tra la mendicante, il rapimento, e la mistica, di cui de Certeau va ad esplorare il discorso. (EM)

ELBAZ, Judith

Colourful, P.O.L., 2003

Il romanzo è recensito da Eric Loret su "Libération" del 27 febbraio 2003, in un articolo intitolato Elbaz de données: "Strano lirismo, dove Francis Ponge incrocia Marguerite Duras e Annette Messager. Quando i propri ricordi e quelli degli altri si rispondono fino alla dissoluzione dell'io". Trentunenne, l'autrice "vive a Parigi, dove balla e insegna il tango argentino". Il testo avanza in un mare di citazioni, riconoscibili o meno non importa. "Sono nata a Nevers", per esempio. Sostiene il recensore, e ci fa nascere il desiderio di leggere il libro quanto prima: "Anche se tutto ciò che è nuovo non è necessariamente bello, Judith Elbaz fa parte di quelle inventrici che fanno avanzare (un po') il romanzo". (EM)

JEAN, Raymond

La lectrice, Actes Sud, 1986

La lettrice, trad. di Arianna Benenati, Biblioteca del Vascello, 1995

Da questo piccolo romanzo è stato tratto l'omonimo film di Michel Deville (cfr. scheda Deville), dove un libro di Marguerite Duras fa da galeotto tra la graziosa lettrice a domicilio e uno dei suoi clienti. Nel testo di Jean, invece, Duras compare soltanto in negativo. Il cliente, un dirigente d'impresa, chiede che cosa bisogna leggere: Duras? Ma lei risponde: "Sa, forse non è sufficiente, si parla molto di Claude Simon per il Nobel e, se dovessero darglielo, se ne discuterà molto durante i pranzi, ma l'avverto, non è facile". Poco dopo, mentre lei discute con un suo ex-professore su quale libro di Simon scegliere, una donna anziana un po' strana si siede sulla stessa panchina, e senza parere li ascolta sfogliando una margherita... I libri scelti saranno, in successione, La leçon de choses di Simon, W di Perec, una lettera dell'Aretino a Clemente VII, e il risultato, un incontro ravvicinato, sarà il medesimo di quello ottenuto - nel film - grazie a un'opera di Duras. (EM)

KRISTEVA, Julia

Possessions, Fayard, 1996

Una donna decapitata, trad. di Edda Melon, Sellerio, 1997

A chi volesse, come si dice sempre, saperne di più sul continente nero della sessualità femminile, può interessare una frase del romanzo di Kristeva: "Lei, perché lui l'aveva toccata in quel luogo inaccessibile che le donne chiamano generalmente "cuore", il punto invisibile dove l'utero si ombelica con il buio della mente". Quando ho tradotto il libro per l'edizione italiana, mi sono venute in mente le parole di Duras, nel capitolo Les hommes della Vie matérielle: "È in quella cavità della vagina che risuona a vuoto nel nostro corpo che siamo toccate dal desiderio del nostro amante. [...] Possediamo il nostro amante come lui ci possiede. Ci possediamo. Il luogo di questo possesso è il luogo dell'assoluta soggettività. Lì il nostro amante ci assesta i colpi più forti che lo supplichiamo di dare perché ci riecheggino in tutto il corpo, nella mente che si svuota. È lì che vogliamo morire". (EM)

KRISTOF, Agota

Hier, Seuil, 1995

Ieri, trad. di Marco Lodoli, Einaudi, 1997

Agosta Kristof condivide con Duras un destino da étrangère. La scrittrice vive in Svizzera, dove è arrivata dall'Ungheria nel '56, e ha scelto di scrivere nella lingua appresa in esilio, il francese. Nella storia del rifugiato Tobias Horvath raccontata in Ieri, da cui Silvio Soldini ha tratto il film Brucio nel vento, si possono ritrovare parecchie eco durassiane (piccole schegge - ne cito solo alcune - di Agatha, Le vice-consul, Le ravissement de Lol V. Stein): la rievocazione di un'infanzia selvaggia e libera, mitizzata nel ricordo, in un paese lontano con una madre che lo priva di carezze e attenzioni ("era la ladra, la mendicante, la puttana del villaggio"); l'amore per la sorellastra Line che spia col binocolo seduto nel bosco, dopo aver appoggiato la bicicletta contro il parapetto del ponte. Più esplicito è il riferimento a Duras nelle dichiarazioni sul mestiere dello scrittore e sulla scrittura, associata alla follia e alla solitudine. "È diventando assolutamente niente che si può diventare scrittori", afferma Tobias Horvath, ripetendo quasi alla lettera lo "scrivere è non essere nessuno" del testo introduttivo al Navire Night. La mente del lettore durassiano va ad Écrire (dove si legge: "La scrittura è l'ignoto. Prima di scrivere non si sa niente di ciò che si sta per scrivere e in piena lucidità"; "Se si sapesse qualcosa di quello che si scriverà, prima di farlo, prima di scrivere, non si scriverebbe mai") quando in un'altra pagina di Ieri trova: "Il guaio è che io non scrivo ciò che dovrei scrivere, scrivo qualunque cosa, cose che nessuno può comprendere e che nemmeno io comprendo". (EP)

MANCEAUX, Michèle

L'amie, Albin Michel, 1997

Autrice di numerosi romanzi, Michèle Manceaux è stata amica di Duras per trent'anni e l'ha frequentata soprattutto a Neauphle-le-Château, dove entrambe avevano la loro casa di campagna. Dopo un litigio definitivo, avvenuto nell'84, Manceaux continua ad avere la sensazione che la presenza di Marguerite Duras abbia impregnato la sua esistenza. Noi abbiamo la sensazione che l'amica sia una cronista tutto sommato credibile di tanti momenti di vita. I discorsi, spesso frasi lapidarie, di Duras, riportati fra virgolette, non offrono nessuna garanzia di autenticità, ma suonano familiari. Qualche informazione su episodi della sua vita, in particolare sulle circostanze della stesura di alcune opere, può essere utile ai biografi. (EM)

MASCOLO, Dionys

Fragment d'utopie [1962]

in "L'Archibras", 2, 1967

Mascolo riferisce su una visita all'ospedale psichiatrico di N., nella sala delle feste, durante un ballo, e si sofferma sullo strano fascino emanato da alcune giovani pazienti. La sua meditazione è soprattutto su una sorta di "uguaglianza poetica", di "comunismo metafisico" che dà senso a quella società, e si conclude con la domanda: "Utopia. Come immaginare che la società futura non prenda a prestito i suoi tratti da questa festa di malati?". Nella ripresa dell'articolo in un volume che raccoglie vari articoli di Mascolo, À la recherche d'un communisme de pensée (Fourbis, 1939), la frase "troviamo che il sentimento di esclusione, dapprima sconcertante, anzi scandaloso, è ampiamente giustificato" si precisa in: "l'amica che mi accompagna ed io troviamo che ecc.". Non c'è dubbio che l'amica in questione fosse Marguerite Duras, visto che già nel 1964, all'uscita di Le ravissement de Lol V. Stein, l'autrice rilasciò un'intervista televisiva a Pierre Dumayet, rievocando una visita, con amici, ad un ospedale psichiatrico della periferia di Parigi, per il ballo di Natale, e l'incontro con la giovane paziente che sarà all'origine del personaggio di Lol. L'insieme è interessante, come ogni altro indizio relativo alla comunità intellettuale della rue Saint-Benoît (residenza della coppia Duras-Antelme e poi di quella Duras-Mascolo). Si può anche sottolineare l'uso diverso che Duras e Mascolo hanno fatto della visita all'ospedale psichiatrico, ciascuno nel suo personale registro. (EM)

MORINO, Angelo

In viaggio con Junior, Sellerio, 2002

Il romanzo di Angelo Morino, che ha tradotto opere capitali di Duras (Il viceconsole, L'amore, Agatha, India Song, Hiroshima mon amour, Nathalie Granger, La donna del Gange), si presenta in forma di diario di viaggio in luoghi solo apparentemente inconciliabili, New York e Matera . L'autore depura certi momenti della sua vita e li costringe "in una trama più vasta, di ordine generale" al cui centro s'insedia Junior, il suo giovane compagno, colto da una "deflagrazione improvvisa" che impedisce di condurre una vita normale ad entrambi, esponendoli alla continua minaccia di non riuscire più a "stare ancora insieme". Nella rievocazione di questo amore e della sua impossibilità, le voci di autori amati si impongono all'ascolto dello scrittore: Manuel Puig, Carlo Levi e, soprattutto, Marguerite Duras. In particolare, lo "scénario et dialogues" del film di Alain Resnais Hiroshima mon amour s'innesta con forza nelle pagine del romanzo e la città giapponese sembra divenire il luogo (tra)sfigurato dove il sapere assume ogni sfumatura possibile della contraddizione (si pensi al dialogo iniziale del film: "LUI: Tu non hai visto nulla a Hiroshima. Nulla. LEI: Tutto. Ho visto tutto"; LEI; Ascolta... Io so... Io so tutto... LUI: Tu non sai nulla. Nulla"). Al di là dell'esplicita citazione di Hiroshima, i riferimenti a Duras e alla sua scrittura (un esempio fra tanti, le parole del finale: "Guardando Junior in fondo agli occhi, cercandolo lì dentro, direi che mi sarebbe venuto da piangere su dio in generale, quella roba là, su niente. Ma sì, niente di niente") sono diffusi e appaiono spesso come un omaggio consapevole a una donna che ben conosceva la comunità dei "disperati", i deserti dell'amore e della follia. Infine, la ricerca di un padre assente e desiderato, che abita il "disagio" di Junior, richiama le domande e i dubbi espressi dallo stesso Morino (Il cinese e Marguerite, Sellerio 1997) su un'altra paternità, forse occultata: quella di Marguerite Duras. (EP)

NOBÉCOURT, Lorette

Horsita, Grasset, 1999

La narratrice di Horsita, Hortense, nata nel 1968, indaga sul passato del padre, di cui conosce i discorsi antisemiti e che sospetta di aver appartenuto alle SS, a vent'anni, nel '40. La ricerca, che approderà a una verità ambigua, la mette di fronte al proprio orrore, contaminando la scrittura, la lingua, in un disordine radicale. Madeleine Borgomano, che ha analizzato il romanzo in Nouvelles écrivaines: nouvelles voix? (a cura di Nathalie Morello e Catherine Rodgers, Rodopi 2002), afferma che "su vari piani, Horsita impone un raffronto con l'opera di Duras e in particolare con La douleur": il tema del collaborazionismo, le ambivalenze legate a quel periodo, il manoscritto ritrovato e, naturalmente, "il disordine fenomenale del pensiero e del sentimento" (Duras). Ma se la scrittura di Duras ha saputo trovare "la musica delle parole", sostiene ancora Borgomano, quella di Nobécourt resta al grido disarticolato, che forse è il segnale di una nuova era del tragico. (EM)

PAVLOVSKY, Eduardo

La muerte de Marguerite Duras, 2000

Trad. fr. in: Potestad - La mort de Marguerite Duras, Éditions Théâtrales, 2002

Il monologo nasce da una collaborazione tra l'autore-attore e psichiatra argentino Eduardo Pavlovsky e Daniel Veronese, regista e fondatore della Compagnia El Periférico de Objetos. Un uomo senza nome parla della sua vita e delle sue esperienze a una donna, Aristóbula, che non viene rappresentata da nessuna attrice sulla scena. Il flusso di ricordi ed emozioni rievocate è solo apparentemente dissociato e frammentario. Come scrive l'autore nella presentazione, "numerosi elementi stabiliscono dei legami interni poco visibili tra le parti: la morte di una mosca, la visione di una finestra, il suicidio, l'amore, la spiaggia, la boxe, la tortura, le scopate, lo specchio [...] ma lo spettacolo ha una profonda unità, a cui abbiamo lavorato "matematicamente"". "Perché questo titolo?", si chiede l'autore con noi, incuriositi da quella "mosca Marguerite Duras", che assume, nonostante sia citata solo in chiusura del testo, un ruolo così importante da comparire nel titolo. In origine, spiega Pavlovsky, c'è "la morte di una mosca" a cui è stato aggiunto il nome di Marguerite Duras perché in Écrire la scrittrice "racconta di aver visto morire una mosca e di essersi rattristata di questa morte". (EP)

PUIG, Manuel

Estertores de una década, Nueva York '78, Seix Barral, Buenos Aires 1993

Oltre ai dodici bozzetti riuniti sotto il titolo in copertina - già da tempo noti in Italia come Agonia di un decennio, New York '78 (Sellerio, Palermo 1984) - l'edizione in lingua originale racchiude pure una serie di brevi e rapide cronache da New York, Londra e Parigi, risalenti agli anni 1969-1970 e intitolate Bye-bye, Babilonia. Nell'ultimo di questi pezzi, ancora più breve degli altri, proprio prima del rientro in Argentina, Manuel Puig riferisce di aver letto su un giornale di Roma che - nella capitale italiana - sta andando in scena un testo di Marguerite Duras: Chi è Claire Lannes? (La menta inglese) [sic], nell'interpretazione di Sarah Ferrati. E prosegue chiudendo in questi termini: "Mi dispiace di non disporre di più spazio per intessere le meritate lodi dell'una e dell'altra. Di Ferrati posso dirvi che è la migliore attrice italiana e una delle migliori del mondo. E della Duras? Che nel mondo ispanoamericano non è stata ancora giustamente considerata, neppure in quello di lingua inglese. Dopo averci dato romanzi indimenticabili (Una diga sul Pacifico), testi brevi che sono autentici capolavori (Moderato cantabile, Alle dieci e mezzo di sera, d'estate), sceneggiature cinematografiche (Hiroshima mon amour, Un'assenza così lunga), adesso ci regala un'opera teatrale… di avanguardia, ma con un insegnamento: il rinnovamento del teatro non esclude l'emozione, l'interesse, la poesia. In alto i cuori! Il teatro di avanguardia non è morto, perché gode di buona salute e risiede chez Marguerite Duras, Monte Olimpo, Antica Grecia". (AM)

RASY, Elisabetta

L'altra amante, Garzanti, 1990

"Questo racconto è nato dalla lettura di una novella di Honoré de Balzac, La fausse maîtresse. Non è stato pensato, però, come una riscrittura in chiave contemporanea - scrive l'autrice in una nota - ma piuttosto come una trascrizione, nel senso che questo termine ha in campo musicale". Quattro protagonisti si muovono in una città che non è la loro. Anne-Marie Strohl (che richiama nel nome Anne-Marie Stretter, indimenticabile protagonista di Le vice-consul e di India Song), il marito, l'amministratore (che, al pari del viceconsole, è indicato esclusivamente col nome del suo ruolo sociale), e Stella, una "donna marginale e irregolare", delle periferie. Nella trama, nulla rimanda ai testi durassiani, ma l'atmosfera, le geometrie, le sospensioni, gli sguardi, i corpi, una certa aria di mistero dei sentimenti e delle identità, danno al lettore una sensazione di déjà vu. A Calcutta, naturalmente. Oppure, per via dei pomeriggi che l'amministratore paga a Stella, nella camera chiusa della malattia della morte. (EM)

VILA-MATAS, Enrique

Bartleby y compañia, Anagrama, Barcelona 2000

Bartleby e compagnia, trad. di Danilo Manera, Feltrinelli, 2002

In questo saggio, che celebra il personaggio melvilliano dello scrivano Bartleby (e la sua famosa frase: "Preferisco di no"), Vila-Matas cataloga tutti gli scrittori che ad un certo punto hanno smesso di scrivere, tutti i bartleby cioè, da Rimbaud e Kafka sino a Salinger e Pynchon passando per Jacques Vaché e Marcel Duchamp (per quanto riguarda la pittura) e comprendendo lo stesso Melville. Il testo è soprattutto, come si può intuire, una meditazione sulla scrittura, ed è su questo che viene coinvolta più volte Marguerite Duras, di cui vengono citate frasi come "Scrivere significa tentare di sapere che cosa scriveremmo se scrivessimo", "Scrivere è anche non parlare. È tacere. È urlare senza emettere suoni". (EM)

VILA-MATAS, Enrique

Una casa para siempre, Anagrama, Barcelona 1988

Formato da dodici episodi, il testo vuole essere libro di memorie di un ventriloquo, divenuto assassino dell'uomo che gli ha sottratto la donna amata. Nel quarto episodio - quello intitolato Mar de fondo -, il narratore riferisce di essersi recato a visitare l'amico Andrés, trasferitosi a vivere da Barcellona a Parigi. Siamo in anni in cui il generalissimo Franco è ancora vivo, quindi prima del 1975. Andrés presta denaro e, al Café de Flore, presenta il narratore a Marguerite Duras, la quale propone al nuovo arrivato di affittargli una sua mansarda, sita dalle parti di Montparnasse. Alla proposta fa seguito una cena a casa della scrittrice, che per l'occasione cucina riso al curry e calamari fritti. All'incontro gastronomico è presente pure Sonia Orwell, che aiuta la padrona di casa a intrattenere gli ospiti. Dei due, è solo Andrés a parlare, in quanto il narratore - secondo sua abitudine - ha ingerito un'overdose di anfetamine che lo rende incapace di parlare. Il progetto è, per l'appunto di cenare e, poi, recarsi tutt'e quattro al Bois de Boulogne: Duras vuole constatare se è vero che lì, come sostengono i giornali, lavorano prostitute vestite da prima comunione. Tuttavia, la serata si consumerà in casa, mentre Andrés - vuotando una bottiglia di Beaujolais dopo l'altra e volendo sempre rimediare al silenzio del narratore - si esibirà in una serie di sproloqui. Finirà, così, per indicarsi come originario di Atlantide, abituato a vivere in fondo al mare, lì dove avrebbe luogo un'altra vita. (AM)

VINCI, Simona

Come prima delle madri, Einaudi, 2003

Il titolo scelto da Simona Vinci per il suo ultimo romanzo è tratto, non a caso, da Il mondo salvato dai ragazzini di Elsa Morante: "…beati, come prima delle madri, quando tutto il sangue terrestre è ancora una vena del mare". Attraverso gli occhi del protagonista dodicenne, Pietro, il lettore scruta il mondo, scopre la guerra e un cadavere con il viso orrendamente mutilato, è rinchiuso in un collegio cinto da alte mura oltre le quali si intuisce la presenza del mare. Pietro non sa perché si trova lì, ma il collegio, padre Janius, l'amico Ernesto, ora, sono il suo mondo, così gelido e diverso da quello di un tempo, abitato dalle risate di Irina, la sua compagna di giochi. Ora la piccola è morta e i comportamenti della bella e glaciale Tea, la madre di Pietro, diventano più enigmatici che mai. Quando l'istituto è requisito per via della guerra, lui torna a casa, nella campagna ferrarese, dove la scoperta del diario dell'amata Irina gli fornisce la chiave per capire i segreti, le crudeltà, le ossessioni che si celano dietro la facciata del mondo degli adulti. L'influenza di Duras sulla scrittura di Simona Vinci è estesa. Qui ci limitiamo a sottolineare quanto la parte finale del romanzo, in cui si descrive il lungo viaggio che Pietro intraprende per denunciare ai partigiani la madre collaborazionista e assassina, ricordi le pagine dedicate all'erranza della mendicante indiana nel Vice-consul. Come lei, che non può tornare dalla madre che l'ha scacciata, il ragazzo si dispone "a non riconoscere più nulla di quello che si conosce", a "dirigere i propri passi verso il punto più ostile dell'orizzonte" e "cammina per giorni e giorni, segue gli argini, li abbandona, attraversa l'acqua, cammina dritto, svolta verso altri acquitrini più lontani, li attraversa, li abbandona per altri ancora [...] raggiunge il punto più ostile dell'orizzonte, a capo chino". Anche a Pietro non resta altro che "camminare, senza voltarsi indietro" e senza farsi domande perché "le domande", scrive Simona Vinci, "non servono a niente [...] ci sono solo cose che si fanno, e le scelte, come una strada che si divide e tu devi prendere un ramo oppure l'altro". (EP, RR)

VINCI, Simona

Dei bambini non si sa niente, Einaudi, 1997

Il romanzo narra l'iniziazione semi-incosciente alla sessualità di alcuni bambini che, attraverso la scoperta dei loro corpi, tentano di uscire dal torpore dell'infanzia. L'irruzione di un adolescente nel gruppo di amici, contamina la spontaneità e l'innocenza dei primi incontri in un crescendo che trasforma un percorso genuinamente conoscitivo in tragedia. I rapporti si fanno sempre più estremi, sino all'irreparabile. Nel corso di un torbido gioco erotico dove il godimento muta in dolore ed orrore, Greta, la bambina che sorride allo stesso modo a tutti, viene uccisa. È questa scena mortale il grande segreto della bambina che canta, sola, nella piazza del paese, rivolta verso campi sterminati di granturco. È il suono della sua voce triste e la melodia di questa canzone che non conosceremo mai a dare inizio al romanzo: "La voce è intonata e bella, canta come se cantasse a qualcuno, con esattezza e pazienza, senza accelerazioni o ritardi. Fanno così i bambini quando sono tristi. Cantano per bene, come se fosse un compito, un mantra che se lo ripeti e lo ripeti e lo ripeti, perfetto e limpido, fa andare via tutto il male e i brutti pensieri". Simona Vinci cita in epigrafe una frase sull'imperscrutabilità del mondo infantile tratta da La pluie d'été: "Tutte le vite erano uguali, diceva la madre, tranne che per i bambini. Dei bambini, non si sapeva niente. È vero, diceva il padre, dei bambini non si sa niente". Non nasconde l'importante influsso di Marguerite Duras sulla sua scrittura e rifiutando di essere catalogata all'interno di avanguardie, sperimentalismi o quant'altro afferma: "Per me la scrittura non è "progettare" ma raccontare storie. Credo nel suo valore etico: si scrive per nominare e far esistere. Non credo ai gruppi, ai movimenti, alle poetiche, faccio parte di una generazione che è cresciuta con la stessa televisione, la stessa musica, la stessa pubblicità, che ha un comune sentire. Ma detto questo la mia autrice è Marguerite Duras". Il libro è stato tradotto in Francia nel 2000, con il titolo Où sont les enfants? (Gallimard, "La noire", 2000), e c'è chi chiama Simona Vinci "la Duras italienne". (RR)

VITTORINI, Demetrio

Un padre e un figlio. Biografia famigliare di Elio Vittorini, Salvioni Arti Grafiche Edizioni, Bellinzona 2000

Il figlio di Elio Vittorini vive e insegna a Lugano, nella Svizzera italiana. Questa biografia, pubblicata da un editore locale e tutt'altro che "imparziale" come asserisce lo stesso autore, intreccia al racconto della vita di Demetrio "con" il padre Elio Vittorini "storie di altre famiglie, molti personaggi, interventi moraleggianti e parecchie discese nei ricordi personali", nei quali trova posto anche Marguerite Duras. L'autore è ospite nella casa parigina di lei e di Dionys Mascolo, "grandi amici di Elio", quando riceve la notizia che il ventisettenne fratello Giusto è molto malato. In un'altra pagina viene riportata un'affermazione di Duras: "Quando Elio viaggia è eccitato e non dorme mai, ma quando arriva a Parigi, dorme più di Outa (il piccolo figlio della scrittrice e di Mascolo, ndr). Lui si siede tranquillo fuori dalla porta e aspetta in silenzio che Elio si svegli". Viene anche ricordato un viaggio lungo tutta la costa tirrenica fino a Paestum, partendo da Bocca di Magra (località in cui sono ambientati alcuni romanzi di Duras dove sono riconoscibili tra i personaggi anche Ginetta e Elio Vittorini): "Eravamo sette persone in due automobili. Marguerite Duras e Dionys Mascolo, una coppia di amici loro che si chiamava De Forêt, Sonia Blair, la vedova di George Orwell che allora viveva a Parigi, Elio ed io". Dalla casa di Duras a Parigi lo scrittore, che "era sempre stato tenerissimo con gli animali", aveva preso l'amata soriana Mamoun, l'unica "che potesse entrare nel suo studio mentre lavorava". (EP)

CARAX, Leos

Pola X

Francia 1999; interpreti: Guillaume Depardieu, Katerina Golubeva, Catherine Deneuve, Delphine Chuillot, Sharunas Bartas, Patachou

Il film è ispirato al romanzo di Melville Pierre ou de l'ambigüité (P.o.l.a. ne è l'acronimo), che abbiamo già segnalato in La biblioteca immaginaria di Marguerite Duras come lettura soggiacente il testo di Agatha, insieme con L'uomo senza qualità di Musil, entrambi libri sull'incesto tra fratello e sorella, come appunto Pierre. Anche il regista, che cita esplicitamente Melville nei titoli di coda, rende un breve omaggio a Musil e a Duras. Pierre, il protagonista, che è scrittore, ha un incontro e una conversazione telefonica con la sua editrice, che si chiama Marguerite e che, impersonata dalla cantante Patachou, ha dei tratti fisici e gestuali caratteristici di Duras. È lei stessa che, prodigando i suoi consigli al giovane scrittore, pronuncia il nome di Musil. (EM)

DAYAN, Josée

Cet amour-là, Francia 2001

Liberamente adattato dal testo omonimo di Yann Andréa edito da Pauvert; sceneggiatura: Josée Dayan; dialoghi con la collaborazione di Yann Andréa, Maren Sell e Gilles Taurand; interpreti: Jeanne Moreau e Aymeric Demarigny; musica: Angelo Badalamenti; produzione: Les Films Alain Sarde, Arte France Cinéma.

DEVILLE, Michel

La lectrice, Francia 1988

interpreti Miou-Miou, Patrick Chesnais, Maria Casarès, Marianne Denicourt, Maria de Medeiros

L'attrice Miou-Miou, che ricordiamo al Théâtre du Rond-Point nel 1985 in La musica deuxième (accanto a Sami Frey e con la regia di Marguerite Duras), interpreta qui una giovane donna che si cimenta nella professione di lettrice a domicilio, andando incontro a tutti i rischi che la lettura dei testi può provocare. L'amant di Duras - da cui ascoltiamo leggere ad alta voce la pagina sui sandali dorati - viene proposto ad un dirigente nevrotico che un po' si addormenta e un po' salta addosso alla lettrice. Il libro stesso, l'oggetto libro, viene coinvolto nel contatto dei corpi. Il film è raffinato quanto il suo regista e quanto l'autore del testo che lo ha ispirato, Raymond Jean, noto saggista letterario (cfr. scheda Jean). (EM)

GROSSI, Stefano

Savannakhet, Italia 1991

16 mm., 19', colore; fotografia: Gianni Secchi; montaggio: Valentina Migliaccio; produzione: Engiprogram

Il cortometraggio mostra un viaggio di 3 giorni (4-6 aprile 1991) da Genova a Parigi, compiuto dal regista Stefano Grossi su un camion Iveco guidato da una camionista donna (il rovescio quindi di Le camion) per raggiungere e incontrare Marguerite Duras. La strada, le conversazioni, le telefonate, l'appuntamento davanti alla Gare d'Orsay con una Duras diffidente e respingente, il ritorno, la delusione, la conclusione, scritta sullo schermo nero: "Signora Duras, ci sono 5000 miglia fra Genova e Savannakhet, rue Saint-Benoît non conta, è solo il vertice di un triangolo ideale... ParlandoLe, ho bruciato una distanza di 54 libri e 19 film. Per questo ero venuto, credo: per ritrovarla uguale, più forte e inaccessibile di prima". (EM)

LVOFF, John

La salle de bain, Francia 1989

interpreti: Tom Novembre, Gunilla Karlzen, Jiri Stanislav

tratto dal romanzo di Jean-Philippe Toussaint, La salle de bain, Minuit, 1985

Il film, come il romanzo, narra la storia di un giovane uomo che, senza motivi precisi, decide di limitare il proprio spazio all'appartamento in cui vive, anzi addirittura alla vasca da bagno, dove passa il suo tempo leggendo. Non avendo rivisto il film, non ricordo di persona se effettivamente tra le sue letture figurasse un libro di Marguerite Duras (e devo anche aggiungere che all'epoca non ero stata ancora colta dalla mania di classificare questo tipo di citazioni). Leggo però che un libro di Duras compare nel film, e che si tratta de La vie tranquille, messo accanto a Le livre de l'intranquillité di Pessoa. Mi dicono anche (ringrazio Giorgio Cerruti) che questo dettaglio non figura nel libro di Toussaint. (EM)

MONTERO, Roberto

La Pica sul Pacifico, Italia 1959

soggetto: Roberto Montero; sceneggiatura: Scarnicci e Tarabusi; fotografia: S. Pesce; musica: F. Giordano; interpreti: Tina Pica, Ugo Tognazzi, Memmo Carotenuto, Ileana Lauro, Fanfulla, Matteo Spinola, Franco e i G5; produzione: Cosmopolfilm

Benché si svolga in un'isoletta del Pacifico (la cui eredità si trova ad essere contesa tra i protagonisti), il film non ha niente di durassiano. Il titolo ha l'aria di essere un ammiccamento a quello del film di René Clément, La diga sul Pacifico, con Silvana Mangano, Anthony Perkins, Richard Conte, del 1957. Rivedendolo oggi, non escluderei che a Marguerite Duras sarebbe piaciuta quella brava attrice comica che era Tina Pica, nota per la sua bruttezza, per la sua voce roca piuttosto maschile, ma complessivamente affascinante. Non avrebbe sfigurato nell'universo durassiano. (EM)

PUCCIONI, Marco

The blue fiction, 1992

16 mm., 36', colore e b/n; interpreti: Bianca Rossini, Philip Littell; musiche: Robert Campbell; produzione: Meena Nanji per Motus

Il cortometraggio, vincitore del premio del pubblico Spazio Italia al X Festival Internazionale Cinema Giovani di Torino nel 1992, si ispira a Les yeux bleus cheveux noirs. Ambientato davanti a una spiaggia della California, tra palme agitate dal vento, consta di due brevi parti a colori (l'inizio e la fine) e per il resto di un bellissimo bianco e nero virato seppia o blu. L'uomo assente, oggetto di desiderio per i due protagonisti, è un bel fuorilegge messicano. Gli incontri tra l'uomo e la donna avvengono, come da copione, tra veli bianchi svolazzanti molto ben fotografati, e nell'insieme l'opera risulta in qualche modo fedele all'idea. Dichiara Marco Puccioni, nel catalogo del festival: "La storia è una riflessione sulle relazioni amorose raccontata ispirandosi al romanticismo essenziale della Duras, ma osservata con l'ironia sospettosa di Barthes". (EM)

SUWA, Nobuhiro

H Story, 2001

fotografia: Caroline Champetier; interpreti: Béatrice Dalle, Machida Kou, Umano Hiraoki, Nobuhiro Suwa; produzione: Takenori Sento

Presentato al festival di Cannes (sezione "Un certain regard") nel maggio del 2001, e in giugno al festival di Pesaro, il film del regista giapponese Nobuhiro Suwa (nato a Hiroshima, già autore di 2/Duo e M/Other, Cannes 1999), è una rilettura del capolavoro di Resnais/Duras, Hiroshima mon amour, a quarant'anni di distanza. H Story racconta la storia di un cineasta giapponese - incarnato dallo stesso regista - che tenta di far recitare il testo di Marguerite Duras e di ripetere in qualche modo il gesto inaugurale di Alain Resnais, scontrandosi con la difficoltà di realizzare il proprio progetto. Suwa filma Béatrice Dalle, nel ruolo che era stato di Emmanuelle Riva, non tanto alle prese con l'impossibilità dell'amore quanto con l'impossibilità stessa di incarnare il personaggio. Reticente, recalcitrante, "l'attrice diventa il simbolo vivente - scrive Jacques Mandelbaum in "Le Monde" del 16 ottobre 2001 - della disintegrazione dei corpi martirizzati di Hiroshima". (EM)

WATERS, John

Polyester, Usa 1981

sceneggiatura: John Waters; fotografia: David Insley; musica: Debbie Harry e Michael Kamen; interpreti: Divine, Tab Hunter, Edith Massey, David Samson, Mink Stole, Mary Garlington, Ken King, Stiv Bators; produzione: John Waters.

In questa pellicola, nota per essere la prima in Odorama (agli spettatori in sala erano distribuiti cartoncini numerati che andavano grattati e annusati quando compariva un'indicazione sullo schermo), appare un curioso riferimento al cinema di Marguerite Duras. Quando Francine Fishpaw (il travestito Divine) chiede se riuscirà a mantenere lei e i suoi due figli al subdolo ed elegante principe azzurro Todd Tomorrow (Tab Hunter) che le ha appena chiesto di sposarlo, la risposta è decisa: certo che sì, lui è il proprietario di una sala cinematografica. La ripresa seguente mostra il cartellone del drive-in Edmondson sul quale è indicata la programmazione di tre "hits" (sic!) di Marguerite Duras: The Truck (Le camion), India Song e Destroy She Said (Détruire dit-elle). Poco dopo, si vede Francine-Divine che sfoglia un numero dei "Cahiers du Cinéma" (da quel che si riesce a cogliere non sembra però il n. 312/313 curato da Duras). In un'intervista John Waters afferma che in Polyester mostra il suo ideale di drive-in, che deve essere molto costoso, programmare "oscuri film artistici" e prevedere pochissimi posti per le automobili. Resta una domanda: perché il re del Trash americano (tale è definito Waters) ha scelto di citare proprio questi tre film, così distanti da lui e dalle sue opere? si tratta di un rimando del tutto casuale, dell'ennesima provocazione o di un omaggio a una produzione cinematografica "altra" e coraggiosa, a cui il regista americano sente di appartenere? (EP)

BADER, Muriel

Les Colonnades

La folie du monde triomphe

La danzatrice e coreografa svizzera Muriel Bader si è ispirata due volte a Marguerite Duras per i suoi lavori. Una prima volta con Les Colonnades (probabilmente Zurigo, 1994-95), tratto da Véra Baxter ou les plages de l'Atlantique, poi mettendo in scena con la sua compagnia La folie du monde triomphe, tratto da L'homme assis dans le couloir. La stessa Bader danza, insieme con Mario Paulo Nuñes Inacio, mentre l'attrice Annette Uhlen parla, e si riforma così un triangolo dove assume particolare rilievo lo sguardo. La proiezione di diapositive rafforza la presenza dell'immagine, in questo spettacolo andato in scena ad Amburgo nel maggio del 2001. (EM)

AA.VV.

Hommage à Duras

Crepuscule Au Japon/Shinseido Sirius, 1985

Interior Music, 1988

Quest'omaggio musicale, che testimonia la penetrazione della scrittura durassiana in ambiti apparentemente lontani, è stato pubblicato in differenti versioni, tutte fuori catalogo da anni e quindi di difficilissima reperibilità. Si consideri dunque questa scheda come un lavoro da completare, correggere e ampliare in futuro. L'edizione esclusivamente su vinile del 1985, sottotitolata Simplicity, Splendour; Simply, Splendid, contiene: Lament e Des journées entières sous les arbres di Cecile Bruynoghe; Days in the trees, L'amant, The happiness of lonely, Day breaks, India Song, The hotel, The meeting, Under the rain clouds e Avalanche di Richard Jobson; The sea wall, Destroy she said e Take some time out di Vini Reilly. L'edizione in CD e in LP dell'88, oltre a riproporre i due brani di Cecile Bruynoghe e sei dei nove brani di Richard Jobson (L'amant, qui tradotto in The lover, Avalanche, Days in the trees, India Song, Under the rain clouds, Day breaks), contiene: The sea wall e La douleur dei Durutti Column & Blaine L. Reininger; The square e Little horses of Tarquinia dei Durutti Column; Like the others di Winston Tong; St. Michelle dei Dislocation Dance. (EP)

BADALAMENTI, Angelo

Cet amour-là, colonna sonora del film omonimo di Josée Dayan

Milan-ULM-Universal 2001

Non si può dare del tutto torto a "Le Monde", che recensì le composizioni originali di Angelo Badalamenti per la colonna sonora del film di Josée Dayan, tratto dal'omonimo testo di Yann Andréa (cfr. la scheda relativa nella sezione Libri), con queste parole: "È ampia e prevedibile, con una tonalità vagamente malheriana, forse a causa della spiaggia e della differenza d'età che richiamano Morte a Venezia". Nell'ascoltatore, la storia di cet amour non è rievocata dalle musiche di Badalamenti, ma dagli altri brani che, fortunatamente, sono stati inseriti: due pezzi di Carlos D'Alessio da India Song ("Inizialmente, per Yann," si trova nella Vie matérielle "ero quella che aveva scritto India Song, quella che aveva fatto dire ad Anne-Marie Stretter come ci si annoiava in India, ero Michael Richardson, Lol V. Stein, la mendicante, tutta quella gente, in origine, ero io, per Yann, ed è per via di quella gente che lui è venuto a Trouville", le pop song, intrise di malinconiche sfumature tipicamente sixties, Capri c'est fini di Hervé Vilard e Tombe la neige di Salvatore Adamo; i classici Blue moon di Billie Holiday e La vie en rose di Edith Piaf, una cantante a cui Duras, che l'amava appassionatamente, è stata spesso paragonata. (EP)

D'ALESSIO, Carlos - DURAS, Marguerite

"India Song" et autres musiques de films

Le Chant du Monde, 1984-1991

In questo disco-culto per tutti i durassiani si trovano le musiche composte per i film India Song, Vera Baxter, Des journées entières dans les arbres e il valzer de L'Eden Cinéma. Sul compositore argentino Carlos D'Alessio e la sua musica per India Song Duras ha scritto: "Gli ho chiesto di fare la musica per un mio film, ha detto sì, io ho detto senza soldi, e ha detto sì, e io ho fatto le immagini e le parole in relazione allo spazio che gli lasciavo per la sua musica e gli ho spiegato che quel film si svolgeva in un paese che non conoscevamo, né io né lui, le Indie coloniali, la distesa crepuscolare, di lebbra e di fame degli amanti di Calcutta, e che dovevamo inventarlo, noi due, integralmente. Lo abbiamo fatto". Marguerite Duras ha composto un testo per la versione cantata di India Song, che non è contenuta in questo album: "Chanson / toi qui ne veux rien dire / toi qui me parles d'elle / et toi qui me dis tout // O toi / que nous dansions ensemble / toi qui me parlais d'elle / d'elle qui te chantait / Toi qui me parles d'elle / de son nom oublié / de son corps de mon corps / de cet amour-là / de cet amour mort / Chanson / de ma terre lointaine / toi qui parleras d'elle / maintenant disparue / toi qui me parles d'elle / de son corps effacé / de ses nuits de nos nuits / de ce désir-là / de ce désir mort". Per le versioni cantate di India Song si vedano le schede relative a Jeanne Moreau e Silvana Deluigi. (EP)

DELERUE, Georges 

Jules et Jim - Le mépris - Hiroshima mon amour. Musique de film

Naïve/ Travelling 1995

In questa collection, purtroppo già scomparsa dal mercato, si possono ritrovare passaggi musicali che Georges Delerue ha composto per due film la cui sceneggiatura è stata firmata da Marguerite Duras e da Gérard Jarlot: un strumentale e un cantato dalla colonna sonora di Une aussi longue absence (regia di Henri Colpi, 1961); un dialogo tra Emmanuelle Riva, la donna di Nevers, e Eiji Okada, il giapponese, da Hiroshima mon amour (regia di Alain Resnais, 1959). Una vera chicca per il collezionista durassiano. (EP)

DELUIGI, Silvana

India Song, in Loca

Inakustic, 1999

Nel suo ultimo lavoro, realizzato a Parigi nel '97 ma pubblicato solo due anni più tardi, la giovane cantante di tango propone, accanto alle canzoni in spagnolo e a Surabaya Johnny di Brecht e Weill, una versione cantata di India Song in cui il bandoneón, suonato da Marcelo Jaime Nisinman, sostituisce il pianoforte dell'originale.La voce cruda e drammatica di Silvana Deluigi dona alla canzone di D'Alessio/Duras quel brivido pericolosamente dissoluto che solo un'efficace interprete di tango sa trasmettere all'ascoltatore. (EP)

DURAS, Marguerite - D'ALESSIO, Carlos

Un vague extrêmement précis

INA-Mémoire vive 1997

Quest'opera "pour piano, 2 récitants et bande magnétique sur des textes de Marguerite Duras" è forse l'omaggio più commosso del compositore argentino a una donna con la quale lavorò in straordinaria sintonia. L'inizio è molto suggestivo: un messaggio di Marguerite Duras registrato su una segreteria telefonica, il pianoforte di Carlos d'Alessio, le voci recitanti di Delphine Seyrig, attrice-icona del mondo durassiano, e Sami Frey, incarnazione della figura mitica dell'ebreo errante in Jaune le soleil. La lettura dagli estratti da varie opere, probabilmente effettuata in presa diretta, parte da L'homme assis dans le couloir: "Dall'immensità indefinita giunge una nebbia, un colore viola già incontrato su altri sentieri, in altri luoghi, in altri fiumi, nei remoti monsoni apportatori di piogge. [...] Vedo arrivare il colore viola, vedo che raggiunge la foce del fiume, che il cielo è coperto, frenato nella sua lenta corsa verso l'immensità". Cfr. la scheda D'Alessio-Duras. (EP)

DURAS, Marguerite - MOREAU, Jeanne

Rumba des îles, in Jeanne Moreau, L'Album Collection, Jacques Canetti/Polydor 2000; CD Story: Jeanne Moreau, Polydor 2002; Long Box: Chansons, Polydor 2002; Moreau - La Compilation - Collection Best Of, Polydor 2002

Su una rumba composta da Carlos D'Alessio per il film India Song, dove per altro si intitolava Rumba des Isles, Jeanne Moreau e Marguerite Duras leggono alcuni frammenti della sceneggiatura. In pochi minuti sono rievocati i rumori e gli odori della colonia, l'India, la lebbra, la mendicante, la passione amorosa, la festa all'ambasciata Per un difetto di registrazione la voce di Duras ("grave e ben posata, che articola superbamente", come ben sintetizza Dominique Noguez in Duras, Marguerite, Flammarion 2001) domina quella della Moreau, che nel libretto allegato all'Album Collection scrive, riferendosi ai pezzi inediti, come Rumba des îles, "rivelatori" dei suoi fantasmi: "Questa intimità che condivido con voi mi porta a viaggiare nel passato e a rivivere i momenti di effusione creatrice con Marguerite Duras, e le nottate in giro per bar e brasserie, secondo le circostanze, quando condividevamo risate e poesia fino alle prime ore del mattino". Cfr. le schede D'Alessio-Duras e Moreau. (EP)

HANRAHAN, Kip

India Song, in Coup de tête (American Clavé, 1980) e nell'antologia American Clavé (American Clavé, 1993)

Anche il versante più eclettico del jazz ha subito il fascino di India Song. Lo dimostra questa versione firmata da Kip Hanrahan, di cui ha scritto efficacemente un critico, A. de Palma: "Cresciuto nel Bronx con nelle orecchie i ritmi latini e afro-cubani, il jazz ribelle, e il rock, aspirante regista approdato alla musica con un atteggiamento da "passionale non addetto al lavori", Hanrahan ha cercato di applicare tecniche cinematografiche sperimentali per le sue registrazioni musicali". Hanrahan non è propriamente un musicista, ma un ideatore di band in cui riunisce artisti di diversa provenienza. Per India Song il nostro ha diretto la pianista Carla Bley (memorabile la sua jazz opera del 1971 Escalator Over the Hill), il multiforme e prolifico bassista/produttore/arrangiatore Bill Laswell (fra gli innumerevoli progetti di cui è ideatore, il più famoso è forse quello dei Material), il sassofonista/clarinettista/flautista Chico Freeman,il violinista Billy Bang, il sassofonista Carlos Ward, Orlando DiGirolamo, George Cartwright e John Clark. (EP)

HARDY, Françoise

Le danger

CD, Virgin France 1996

Apparso poco dopo la scomparsa di Duras, questo lavoro - che segnava il ritorno di Françoise Hardy dopo il ritiro nel 1988, interrotto solo da sporadiche collaborazioni - contiene una nota così concepita: "Je profite de l'occasion pour remercier publiquement ces bienfaiteurs de l'humanité que sont certains proprietaires de châteaux de Bordeaux… et dans un autre domaine (mais tout se rejoint): Luis Buñuel, Marguerite Duras, Claude Sautet,… Marcelle de Jouvenel, Gitta Malasz, Omnia Pastor…". In alcune successive interviste, Françoise Hardy avrebbe spiegato che il ringraziamento nei confronti di Duras era stato inserito per via di certi libri - non venivano indicati titoli - che lei sentiva in rapporto con la sua stessa vita. Del resto, l'ammirazione nei confronti di Duras, è testimoniata anche da una successiva - e sembrerebbe molto apprezzata - lettura di brani da L'amant che Françoise Hardy avrebbe fatto in inglese in un programma della BBC. Tuttavia, quanto a Le danger, la presenza di Duras non si esaurisce fra le righe della nota di ringraziamento. Infatti, una delle tredici canzoni - i testi sono tutti di Françoise Hardy - si intitola Dix heures en été e il terzo verso precisa "dix heures du soir en été". Il rinvio è naturalmente al romanzo di Duras - per l'appunto Dix heures et demie du soir en été, e il testo recita: "comment décrire / le jardin dévasté? / dix heures du soir en été… // à quoi bon vous dire / la chaleur lourde / d'avant la foudre? // la vie qui part / la terre qui s'ouvre / le feu aux poudres… // dans leurs regards / entre leurs mains, la fin de l'histoire…" ecc. Ma qualcosa di Duras sembra essere rimasto sparso in numerosi altri testi e, soprattutto, in quello che dà il titolo al CD. (AM)

HEAD, Murray

India Song, in Pipe Dreams

United States Dist. - Headcase 1996 e 2003 (ed. rimasterizzata)

Eroe del mainstream pop negli anni Ottanta con One Night in Bangkok, Murray Head ha cercato nel decennio seguente di dedicarsi a una ricerca musicale più intelligente e variegata, che, nel caso di Pipe Dreams, si traduce nella contaminazione con l'Oriente, l'India, l'Arabia e l'Africa. Prodotto dallo stesso Murray e da Ian Maidman (Penguin Café Orchestra), l'album è un vero e proprio calderone in cui si mescolano influenze, stili e umori d'ogni sorta e in cui trova posto anche la Francia con Si tu veux être un homme, il cui testo è l'adattamento francese di André Maurois della poesia di Rudyard Kipling You Will Be a Man, My Son, e con India Song, che vede impegnata Annie Whitehead al trombone. (EP)

ISA

Histoire, in Disoriente

Nota 2003

Isa, che vive fra Torino e la Liguria, firma testi e musiche delle sue canzoni, a cui offre una vocalità intensa dai molti colori e atmosfere acustiche, che si muovono dal folk al jazz. Il brano Histoire raccoglie ispirazioni durassiane, citando integralmente nel ritornello in francese parole di Hiroshima mon amour. (EP)

MALIA

India Song, in Yellow Daffodils

Epic 2002

La venticinquenne Malia, nata da padre africano e da madre inglese, è originaria del Malawi, che la famiglia abbandona per ragioni politiche, alla fine degli anni Ottanta, trovando rifugio a Londra. La passione per la musica nasce in lei nell'esilio della capitale inglese, con l'ascolto dei dischi di Billie Holiday, Sarah Vaughan et Shirley Horn, che rimangono i riferimenti principali nella geografia sonora del suo primo album, Yellow Daffodils, a cui collabora anche il trombettista Erik Truffaz. Di Malia André Manoukian, che partecipa al disco nelle vesti di produttore e di musicista, ha detto: "È il sogno di tutti i compositori. Può cantare di tutto: jazz, soul, gospel... C'è qualcosa di fragile nella sua voce, qualcosa di universale, una sorta di pudore, d'innocenza". Calda e grave, la sua voce è in effetti ammaliante e, nella versione di India Song, unico brano in cui canta in francese, assume un tono strascicato, nostalgico, quasi indolente. In una versione limitata dell'album si trova anche un remix morbidamente electro di India Song, firmato dai Mobile in Motion. (EP)

MAUPASSANT

(dys) FONCTIONELLE

Angle Records, 2003

Un dj italiano, Nicola Guiducci, e un bassista francese, Jacques Floury, guidano il progetto musicale Maupassant, che celebra con divertita leggerezza la passione per la cultura francese: dal pop all'esistenzialismo, da Artaud a Vian e a Bonnefoy (dai quali sono riportate alcune citazioni nell'elegante libretto). Secondo la pubblicità del CD e secondo alcune recensioni, è presente in questo lavoro la voce di Marguerite Duras. Ma dove, si chiede il detective durassiano? Nelle note non vi è menzione, così come in ogni altra singola parola stampata all'interno e all'esterno della confezione. Non gli resta che perlustrare ogni brano e fiutare tutti i suoni umani registrati o campionati... ed ecco, la traccia sei che parte... forse la soluzione del mistero si trova lì, all'inizio della cover di Serge Gainsbourg, Angoisse (ou Le femmes à baiser)... si, certo è proprio lei, Duras, che descrive qualcuno, accompagnata dalla batteria... dita che schioccano, un sospiro... e subito dopo una voce maschile canta (cito testualmente dal libretto): "Comme j'ai pleuré / Pendant des nuits / Sur les jeunes femmes de jadis / Si belles si tendres / Si douces... / Dans les bras / Se sont ouvertes / Pour me baiser". (EP)

MONTALVO, Mariana

India Song, in Cantos del Alma

Putumayo 2000

La cantante cilena, costretta a rifugiarsi in Francia nel 1974 dopo il colpo di stato di Pinochet, ha fatto parte per anni dei Los Machucambos ed è stata accostata a grandi interpreti come Violeta Parra e Mercedes Sosa. Nei brani di questo album solista, all'amore per le tradizionali sonorità latine (ad esempio, gli arrangiamenti e l'uso del charango, del quena e del trombone rivelano l'influenza delle bande andine) e per le percussioni africane si unisce il desiderio di "rileggere" e tradurre in spagnolo tre canzoni francesi: Né quelque part de Maxime Le Forestier, che diventa Nacer en algun lugar; Couleur café di Serge Gainsbourg, ribattezzata Tu color cafe; India Song di Duras-D'Alessio, proposta in una versione toccante e molto personale, che getta un ponte tra Durasia, Sudamerica e la Parigi di Edith Piaf. Accanto a queste cover, vale la pena menzionare almeno i tre brani in cui Mariana Montalvo utilizza componimenti poetici della cilena Gabriela Mistral (Miedo), dell'argentina Alfonsina Storni (Danza) e dell'uruguayana Joana de Ibarburu (Cantos del alma). (EP)

MOREAU, Jeanne

India Song, in Le tourbillon

Philips, 1998

Non poteva essere che toccante e appassionata quest'interpretazione cantata di India Song. Oltre ad essere stata amica di Marguerite, Jeanne Moreau ha recitato nei film Moderato Cantabile di Peter Brook e Nathalie Granger di Duras, ha prestato la sua voce off alle parole di Duras che guidano L'amant di Jean-Jacques Annaud e interpreterà la parte della scrittrice nel film, attualmente in lavorazione, tratto da Cet amour-là di Yann Andréa (cfr. la scheda relativa nella sezione Libri). Un omaggio di Duras alla bellezza e all'intelligenza della Moreau si trova in un articolo del '65 per "Vogue" (poi raccolto in Outside): "Lei non è molto alta. È molto sottile. Quarantacinque chili. In ogni stagione dell'anno ha la pelle dorata, di una finezza straordinaria. La bocca somiglia a uno spicchio d'arancia. Gli occhi hanno riflessi dorati. La morbidezza della seta. Lo sguardo è quello di un'intelligenza che non conosce respiro. Intelligente come prima della gloria, lo è e lo sarà sempre. Osa parlare di tutto senza la minima ipocrisia.[…] È libera, e forte. Di una forza stupefacente dissimulata dentro una dolcezza inaudita". Più tardi, alla fine degli anni Ottanta, in una lunga intervista rilasciata a Leopoldina Pallotta della Torre (pubblicata in La passione sospesa), Duras sottolinea una comunanza profonda con l'attrice: "Siamo state, entrambe, attraversate dalla forza di un amore, per tutta la vita. Non necessariamente di un amore che già esisteva, ma da qualcosa che ancora non c'era, che stava per arrivare, o per finire". (EP)

OLIVA, Stéphan

India song, in Stéphan Oliva. Jazz 'n (e)motion

BMG France 1998

In questo lavoro dedicato a brani composti per film, il pianista Stéphan Oliva propone una versione del pezzo di Carlos d'Alessio. Come per il resto del disco - in cui sono presenti, tra gli altri, musiche da Rosemary's Baby, Vertigo, Le mépris - anche per la riproposta di India Song è indicativo ciò che scrisse "Jazz Magazine" in una recensione: "Si resta meravigliati da suoni tanto coloriti, da tanto spazio, da tanto mistero. La musica vi sembrerà soprannaturale. Si può chiamarla un sogno, un fantasma o un'emozione estetica". (EP)

ULTRAVOX!

Hiroshima mon amour, in Ha! Ha! Ha!

Island 1977

Il 14 ottobre del 1977, ai Phonogram Studios di Londra, gli Ultravox! (si noti il punto esclamativo che negli anni a venire scomparirà), incidono una canzone ispirata a Hiroshima mon amour, il film di Resnais del 1959 la cui sceneggiatura è firmata da Marguerite Duras. "Somehow we drifted off too far / Communicate like distant stars / Splintered voices down the phone / The sunlit dust, the smell of roses drifts, oh no / Someone waits behind the door / Hiroshima mon amour", canta la voce malinconica e languida dell'electro-dandy John Foxx, che in quella prima stagione capeggiava il quintetto inglese destinato poi a ottenere un maggiore riscontro commerciale sotto la guida del meno sofisticato Midge Ure. Il prolungato finale di sax doppiato dall'eco, che si dilata sulla delicata trama ritmica elaborata dalla drum machine, sottolinea il cuore apocalittico di questa canzone, suggestiva e agghiacciante come il futuro che predice: "fused like shattered glass". (EP)

ZORN, John

Duras: Duchamp

Tzadik 1997

Nel 1997 John Zorn, musicista coraggioso e provocatorio, pubblica Duras: Duchamp, un lavoro contentente due sue composizioni dedicate, rispettivamente, a Marguerite Duras e Marcel Duchamp. Nel libretto che accompagna il CD sono riprodotti due frammenti della scrittrice francese: uno tratto da La maladie de la mort e l'altro da La vie matérielle. I trenta minuti circa di Duras, che risalgono al 1996 e sono suddivisi in quattro parti - Premiere [sic] livre, Deuxième livre, Troisième livre, Epilogue -, hanno l'andamento di un rituale malinconico la cui sensualità astratta è percorsa da tintinnii, fruscii e impalpabili effetti, tra i quali sembra di riconoscere lo scorrere del pennino sulla carta. Nel seducente gioco tra il silenzio e il rumore inscenato da Zorn risaltano i suoni dei violini, affidati alle mani di Mark Fieldman e Cenovia Cummins, il cui protagonismo non mette comunque in ombra gli altri musicisti: Anthony Coleman al piano, John Medesky all'organo, Christian Bard e Jim Pugliese alle percussioni. (EP)

Les rizières Duras

France Culture, 9 e 15 febbraio 2003, par Frank Smith, réalisation François Cannac, con la partecipazione di Jean Mascolo, Michael Lonsdale, Emmanuelle Riva, Dominique Noguez, Jean Vallier, Jean-Jacques Annaud, ecc.

Partendo dalla posa di una targa (ottobre 2002) sul luogo ritrovato della concessione dove Marie Donnadieu, la madre di Marguerite Duras, sfidava le maree, il programma si propone di captare le tracce di Duras in Indocina. Si intrecciano frammenti di canti Khmer con la voce di Duras, la voce di Riva nel riornello di Ramona, il grido rauco di un pappagallo nel bungalow della madre, e altri materiali eterogenei. Duras song, insomma, come suggerisce la scheda fornita da France Culture. Ringrazio Anna Battaglia per la segnalazione. (EM)

Le navire night

trasmissione di Radio-Canada

Sembra molto probabile che sia ispirato all'omonima opera di Duras il titolo del programma diffuso tutte le domeniche alle 21,30 (ora locale) dall'antenna di Radio-Canada. Anche i contenuti sembrano suggerire una programmazione atipica e sperimentale, che ben si adegua al titolo scelto: manipolazioni elettroniche, poesia sonora, strumenti inventati, incontri con musicisti outside come Les Impromptistes e Charlemagne Palestine. Si possono trovare tutte le informazioni all'indirizzo web: http://radio-canada.ca/radio/navire/. (EP)

AHTILA, Eija-Lisa

If 6 was 9, 1995

Finlandese, nata nel 1959, l'artista vive e lavora a Helsinki. Ha esposto alla Biennale di Venezia nel 1999, e in alcune gallerie italiane. Il suo lavoro utilizza video, film, testi e installazioni. Stando a qualche recensione, le cinque adolescenti del video-documentario If 6 was 9 (1995), che parlano della sessualità e del passaggio all'età adulta, non possono non far pensare a Marguerite Duras. (EM)

BONVICINI, Monica

Destroy She Said (DSS)

Distruggere ella disse (DSS)

Doppia proiezione video DVD, bianco e nero, colore, suono stereo, 60'. Dimensioni determinate dall'ambiente

Museo d'arte contemporanea del Castello di Rivoli (Torino)

L'artista, nata nel 1965 a Venezia, vive e lavora a Berlino. Ha esposto alla Biennale di Venezia nel 1999, e nello stesso anno una sua personale è stata allestita alla Gam di Torino. Nel gennaio del 2002 figura con una personale a Parigi, al Palais de Tokyo, recentemente trasformato in centro di sperimentazione. Nel 2001 ha esposto a Grenoble, ispirandosi a un titolo di Marguerite Duras, Destroy She Said, un'installazione con due grandi schermi, sui quali passano eroine del cinema americano, italiano e francese degli anni '50-'70. Il tema centrale è la costrizione imposta dagli elementi architettonici della scenografia. Spinta contro un muro, stretta dentro una porta, la donna al cinema è fisicamente minacciata sia dall'esterno che dall'interno degli edifici. L'opera è stata recentemente acquistata dal Museo d'arte contemporanea del Castello di Rivoli (EM)

BOURGEOIS, Louise

Untitled (Hommage à Duras), 1995

Otto piccole sculture a parete: Paper cutter, The Camera, The Watermill, Horizontal metal oval, Clear glass insert, The Mailbox, The Jewels, Blue glass insert, ognuna di 54 x 45 x 13 cm circa

Mostra collettiva Andata e ritorno: artiste contemporanee tra Europa e America - XI Biennale Donna.

Palazzo Bonaccorsi, Ferrara (giugno-luglio 2004)

Louise Bourgeois è nata a Parigi nel 1911 e dal 1938 vive e lavora a New York. Oggi ha superato i novant'anni e continua a produrre opere di straordinaria forza. È considerata tra le piu' grandi figure d'artista del secolo scorso, ma solo nei primi anni '80, nel clima creato dal movimento delle donne, ottiene il dovuto riconoscimento e una vastissima risonanza internazionale. Figura paradigmatica per la grande originalità con cui sovverte ruoli e convenzioni nell'arte e nella vita, per la libertà d'invenzione con cui evita d'identificarsi in stili e correnti, senza mai scindere l'attività artistica dal linguaggio della vita quotidiana.

Nell'Hommage à Duras, otto tavolette di legno rettangolari a parete, al centro l'artista ha applicato oggetti e materiali riciclati dalla realtà: un ferro di cavallo, una piccola cassetta delle lettere, un gioiello, una macchina fotografica… Le otto sculture sono come otto pagine che Bourgeois sembra tagliare dal tagliacarte applicato sulla prima tavoletta su cui ha scritto il titolo: Hommage à Duras. Di tutte le altre sculture colpisce la rotondità delle forme, ferri circolari, oggetti ricurvi e tondi, metalli concentrici, vetri forati. Forme assolutamente femminili, compatte e gravide di memoria e di storia. Un cerchio dentro un altro cerchio, un pezzo di un obiettivo fotografico, una piccola ventola circolare di legno su cui é rimasta attaccata una piccolissima goccia di vetro blu, watermill. Sono immagini ermetiche, forti, antiche, sedimentate e incrostate di tempo, colorate di ruggine e di nero dall'uso e riuso della vita.

In quel rapporto impossibile ma indispensabile con il passato, dove i ricordi - pezzi arrugginiti e semidistrutti - poco servono a ricongiungere il presente con il tempo trascorso, in questa tensione vinta ma necessaria, passa l'omaggio di Louise Bourgeois alla grande scrittrice. (CB)

 

COPI

La femme assise

La consueta "striscia" di Copi, con il suo personaggio femminile seduto su un seggiolino, in "conversazione" con un altro personaggio identico, ha qui come argomento la scrittrice Marguerite Duras.

Dialogo:

A: Come mai si è decisa a rompere il silenzio e a occuparsi di Marguerite Duras?

B: Perché trovo che anche se qualche volta è banale non è mai noiosa... Ciò che crea è vera letteratura anche quando è cinema... direi anzi soprattutto quando è cinema... O, meglio teatro... In un certo senso è all'altezza della Beauvoir, anche se più orientata verso lo strutturalismo...

A: Sebbene in modo decisamente intellettuale.

B: Ma oggi come oggi a chi interessa l'intellettualismo?

A: Questo è un fatto...

A: (silenzio)

B: (silenzio)

A: È tardi...

B: Il tempo concessole per l'intervista è scaduto.

Ringrazio Ernaldo Data per la segnalazione. (EM)

 

SARFATI, Lise

Arles 2000

La fotografa francese, nata in Algeria nel 1958, dedica una serie alle stanze di Marguerite Duras, fotografando i suoi luoghi di vita e di scrittura. Sono lavori di piccolo formato, nei toni del rosa pallido. Spazi intimi, spogli e silenziosi avanzano verso il nostro sguardo, simili a piccoli poemi di luce. (EM)

LONSDALE, Michael

Visites, Pauvert, 2003

Il grande attore anglo-francese, interprete sublime di opere di Marguerite Duras al cinema (India Song, Détruire dit-elle, Jaune le soleil) e a teatro (L'amante anglaise, L'Eden Cinéma, Le navire Night) - oltre che di decine di film e pièces dei principali autori, da Welles a Truffaut, Resnais, Robbe-Grillet, Losey, Rivette, Eustache, Ruiz, da Cocteau a Ionesco, Beckett, Pirandello, Shakespeare, Anouhil, Sarraute - raccoglie in questo libro i ricordi di una vita di lavoro e di amicizie. A Marguerite Duras è dedicato un capitolo, dove Lonsdale rievoca il suo lavoro di attore nelle diverse occasioni citate, oltre che quello per le letture pubbliche - insieme a Marguerite - di La jeune fille et l'enfant. Si aggiungono vari ricordi della loro amicizia personale, "una connivenza profonda, come non ne ho incontrate molte nella mia vita", di conversazioni e di occasioni di divertimenti un po' infantili, come visitare in macchina, uno dopo l'altro, i nuovi parcheggi sotterranei che si aprivano a Parigi. La risata di Marguerite riecheggia in queste pagine come nelle testimonianze di tanti altri che l'hanno frequentata. Ma anche i suoi aspetti più profondi. Scrive Lonsdale: "Marguerite Duras mi ha regalato la libertà di pensare, spazzando via idee alle quali credevo di credere e dalle quali sono riuscito, attraverso di lei, a distaccarmi. Mi ha insegnato l'indipendenza di giudizio, mi ha dato la capacità di andare oltre quello che è apparentemente sicuro". E ancora, sulla loro collaborazione, conclude: "Quella scrittura, che fra tutte si riconosce. Non so spiegare come mai. Mi viene una sola parola, "ispirazione". Come "respirazione". [...] Le parole sono la materia prima dell'attore, ma qui, mi sembra di aver recitato i suoi testi come portato dall'ispirazione stessa. In quella osmosi, vicino quanto più possibile alla creazione, sono stato il suo interprete, e nell'intimità di questa nozione l'ho frequentata. Credo che solo così si poteva stabilire una relazione vera con Marguerite. Perché lei è tutta scrittura". (EM)

De Geetere, Patrick

Premier sang, 1988
opera di videoarte, 35'
produzione Wonder product
Adattamento di un estratto de L'amant di Marguerite Duras

«L'episodio a cui si riferisce il video tratto da L'amant è il racconto, a cinquantacinque anni di distanza, dell'incontro tra la giovane francese e il ricco cinese nella Saigon dei primi anni Trenta e il loro scambio d'amore. Il ricordo degli eventi è coperto da un velo sbiadito. Le immagini del passato, l'ambiente ricostruito a memoria e le suggestioni dell'episodio intimo ormai lontano, vengono restituiti come fossero vecchie fotografie deteriorate, attaccate da muffe e ingiallite dal tempo; pellicole alterate dagli agenti atmosferici, dall'umido; filtri anteposti alla telecamera in fase di ripresa o costruiti in sede di montaggio simulano uno strato di polvere che va a depositarsi sui ricordi, sulle memorie rapprese».

La segnalazione mi è stata fornita da Anna Maria Monteverdi e la scheda è tratta dal suo libro Lo sguardo in macchina. I video di Patrick De Geetere, Multiart, La Spezia 1994. (EM)

Charme de Caroline

Arc e Quand les lilas, in La Compagnia del tuo Pensiero

libro-cd autoprodotto, 2010

Il libro-cd, che nel titolo cita un verso di Keats, contiene piccole storie e canzoni scritte da Alessandro Muroni, “liberamente ispirate” a diversi testi letterari. Fra questi figura Il pomeriggio del signor Andesmas di Marguerite Duras, un racconto lungo del 1962, attraversato dalla ricomparsa ciclica e inesorabile del ritornello “Quand le lilas fleurira mon amour”, sorta di stereotipo di quelle canzoni sentimentali che l’autrice è solita inserire nei suoi romanzi, teatri e film. Per Duras si tratta forse di una reminiscenza della canzone da cabaret di Auriol-Dihau, Quand les lilas refleuriront (1890), e di Quand refleuriront les lilas blancs di Lelièvre-Varha-Doelle (1929). Alessandro Muroni, voce e piano, mette in musica quelle che sulla pagina sono soltanto parole, riconducendole così alla loro origine popolare. Citiamo Marco Noce chitarra, basso, Nicola Argiento fisarmonica, Antonella Deliperi violoncello, Stefano Salis batteria. L’altro brano, Arc, così come il testo scritto che lo accompagna, è frutto di variazioni che si allontanano velocemente dal testo durassiano. (EM)

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