Biblioteche

Il Catalogo e le Schede...

La biblioteca immaginaria di Marguerite Duras

a cura di Edda Melon

"Non si scrive mai da soli, ma non è soltanto il fatto che non si scrive da soli, si scrive con quelli che ci hanno preceduti. Io scrivo con Diderot, ne sono sicura, con Pascal, con i grandi uomini della mia vita, con Kierkegaard, con Rousseau, ne sono sicura, con Stendhal, non con Balzac, con gli altri sì, ma totalmente a mia insaputa." Così ha detto una volta Marguerite Duras, e un'altra volta: "...la lettura dà il gusto di scrivere. All'inizio, si scrive sempre sotto influenza. Poi, le influenze cadono, e si comincia a scrivere".

Il piacere di scoprire - dapprima magari involontariamente, poi imparando ad ascoltare meglio - gli echi, le tracce, di testi sottostanti (ipotesti), nelle pagine del libro che si ha sotto gli occhi (ipertesto), è il più letterario fra i piaceri della lettura. Gli autori contemporanei non ce ne hanno certo lesinato le opportunità, i critici non hanno mancato di codificarne modalità e figure, proponendo il concetto di intertestualità (Kristeva '69, poi altri, con usi anche diversi), e di transtestualità (Genette '82).

Facendomi archivista della biblioteca immaginaria di Duras - che in parte si trova fatalmente a coincidere con la biblioteca delle mie letture reali, quindi limitate - ne ho escluso, tanto per cominciare, i libri della stessa Duras. In altre parole, ho trascurato il campo dell'intratestualità, quello cioè delle relazioni fra un'opera e tutte le altre precedenti dell'autrice, un campo che nel caso di Duras è molto ricco ma anche molto studiato. Mi sono poi limitata a costruire il catalogo di questa biblioteca immaginaria, senza distinguere fra i diversi modi dell'intertestualità, cioè citazione, allusione, pastiche, parodia, mise en abyme, ecc... Non ho tratto nessuna conclusione sulle riscritture durassiane, perché ciascuna opera, ciascun autore, richiederebbero una riflessione specifica. Spero tuttavia, nonostante la sommarietà delle schede, di aver dato l'idea dell'effetto di lettura che scaturisce dall'accostamento dei frammenti inventariati.

Non sempre, ma è quasi inutile dirlo, il confronto fra testi trova un punto di intersezione preciso, una storia, un tema, una frase, un personaggio, che, prelevati consapevolmente dall'autrice, siano stati oggetto di una riscrittura, o anche di un capovolgimento, di un ammiccamento, di una parodia, di un riciclaggio. A volte è proprio così, altre volte prevale, fra un testo e l'altro, e al di là dei dettagli, la sensazione di un'atmosfera comune, di uno scambio più o meno sotterraneo di idee.

In sostanza, ricostruire la biblioteca di Duras è un gioco, ma è un gioco serio. Che non somiglia tanto a un puzzle a forma chiusa, di cui si possiedano tutte le tessere, quanto ai molteplici percorsi di un labirinto che si estende pericolosamente, dunque a "una strada per perdersi". Vince, alla fine, chi abbandona completamente l'idea che le nuove informazioni servano a rafforzare un sapere, a colmare delle lacune. Se si pensa che i testi durassiani risultino meno enigmatici grazie a questi lampi improvvisi, è segno che è arrivato il momento di uscire dal gioco e di ricominciare a leggere. Duras, naturalmente.